Nel 2003 Renate Siebert in “Donne di mafia. Affermazione di un pseudo-soggetto femminile. Il caso della ‘ndrangheta.” – in Donne e mafia. Il ruolo delle donne nelle organizzazioni criminali (Giovanni Fiandaca, a cura di)– scriveva che, come risulta dalla testimonianza dei magistrati, la strategia della ‘ndrangheta nei confronti dei pentiti, fino a quel momento, non era tendente a dare morte quanto denaro .
Il sostituto procuratore Boemi parla di una strategia sottile in Calabria perchè non si uccidono i parenti dei pentiti e neppure i pentiti. La ‘ndrangheta ha la capacità di contattare i pentiti per persuaderli a ritrattare, ed il tramite viene individuato da Boemi prima di tutto nelle mogli dei pentiti.
Proprio di ieri, invece, la notizia che Lea Garofalo, “scomparsa” nel febbraio 2010, è stata uccisa dall’ex convivente perché aveva deciso di rompere il muro dell’ omertà. Assassinata e sciolta in 50 chilogrammi di acido in un terreno a San Fruttuoso, vicino a Monza. Un’esecuzione legata alla dichiarazioni fatte ai magistrati sull’omicidio di Antonio Combierati elemento di spicco della criminalità calabrese. La distruzione del cadavere, per inquirenti e investigatori, ha avuto lo scopo di simulare la “scomparsa volontaria” della donna e assicurare l’impunità degli autori materiali dell’esecuzione.(fonte) Continua a leggere